«Quando venni al mondo, in una domenica di primavera del 1979, ad accogliermi non ci furono due genitori festosi, ma il volto subdolo dell’abbandono.» Comincia così la vita del protagonista di questa storia, con una madre sola e depressa che alla sua terza gravidanza avrebbe desiderato una femmina. Non c’è un padre, che lavora in Germania e che torna a Grottaglie, in Puglia, solo mesi più tardi. A testimonianza di quel rapporto, esiste un’unica polaroid che ritrae sorridenti genitore e figlio, per il resto domina tra i due una gelida indifferenza che negli anni si trasforma in sottile soggezione. Il bambino della foto si fa ragazzo e comincia ad annaspare tra i flutti della vita, nudo di padre, cercando la salvezza in altre figure maschili, in altre guide, in una fuga geografica e sentimentale che lo porta a immergersi nel mondo letterario, lontano dalle sue radici imbevute di assenza e di silenzio. Eppure, un tale vuoto non può essere privo di conseguenze. Torna a chiedere il conto di continuo, anche dopo che il ragazzo sarà diventato uomo e padre a sua volta, abbandonando la casa d’origine e imparando un nuovo modello d’amore. Con una prosa lucida e sofferta, carica di interrogativi irrisolti e distesa tra due narrazioni che si rincorrono nel tempo, Rossano Astremo indaga il mistero della famiglia e il potere, costruttivo e distruttivo, delle relazioni. La capacità – tutta umana – di frantumarsi e ricomporsi, di guarire dagli abbandoni e dagli errori o di trovare, almeno in parte, un antidoto al loro veleno
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