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mercoledì 30 aprile 2025

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martedì 29 aprile 2025

Sergio Ramelli, 50 anni dopo: la memoria di un ragazzo che spacca ancora l’Italia

 Cinquant’anni fa, il 29 aprile 1975, un ragazzo di appena 18 anni, Sergio Ramelli, moriva dopo 47 giorni di agonia in un letto d’ospedale a Milano. La sua colpa? Essere un militante del Fronte della Gioventù, l’organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano (MSI), e aver scritto un tema scolastico in cui criticava le Brigate Rosse e il silenzio istituzionale sulla morte di due militanti di destra. Quel tema, affisso in bacheca e bollato come “fascista”, segnò l’inizio di un calvario di minacce, umiliazioni e violenze, culminato in un’aggressione brutale: un commando di Avanguardia Operaia lo colpì a colpi di chiave inglese sotto casa, in via Paladini, il 13 marzo 1975. Oggi, a mezzo secolo di distanza, la storia di Sergio Ramelli non è solo un ricordo, ma un simbolo che continua a scaldare gli animi, a dividere, a interrogare. Perché la sua vicenda ci parla ancora, e forse più che mai, di un’Italia incapace di fare pace con il proprio passato.

Sergio non era un fanatico. Era un adolescente con i capelli lunghi, tifoso dell’Inter, innamorato della sua ragazza e della sua città, Milano. Studiava chimica industriale all’ITIS Ettore Molinari, un istituto che, negli anni di piombo, era un campo di battaglia ideologica. Qui, gruppi di estrema sinistra come Avanguardia Operaia, Lotta Continua e il Movimento Studentesco dominavano, spesso con la violenza. Sergio, iscritto da poco al Fronte della Gioventù, non nascondeva le sue idee, ma non era un provocatore. Non aveva precedenti penali, non era coinvolto in risse o azioni violente. Eppure, il suo tema scolastico – un testo che oggi sembrerebbe un normale esercizio di critica – lo trasformò in un bersaglio.
Dopo quel tema, Sergio fu sottoposto a un’umiliazione sistematica. Fu prelevato a forza dalla classe, sottoposto a “processi” sommari organizzati dagli studenti di sinistra, con la complicità di alcuni professori e l’indifferenza della preside. Fu aggredito da decine di ragazzi, costretto a cancellare scritte neofasciste sotto minaccia. La scuola, che dovrebbe essere un luogo di crescita, divenne per lui un inferno. E il 13 marzo 1975, mentre legava il motorino sotto casa, un gruppo di otto militanti di Avanguardia Operaia – molti dei quali studenti di medicina – lo colpì con chiavi inglesi Hazet 36, pesanti e letali, mirando alla testa. Sergio crollò a terra, il volto coperto di sangue, ma i suoi aggressori continuarono a infierire. Dopo un’agonia di 47 giorni, morì. I suoi funerali, nella chiesa dei Santi Nereo e Achilleo, videro la presenza di Giorgio Almirante, segretario dell’MSI, mentre il Consiglio comunale di Milano accolse la notizia della sua morte con un applauso che ancora oggi gela il sangue.
Ci vollero dodici anni per identificare e condannare i responsabili. Marco Costa, Giuseppe Ferrari Bravo, Claudio Colosio, Antonio Belpiede, Brunella Colombelli, Franco Castelli, Claudio Scazza e Luigi Montinari furono riconosciuti colpevoli di omicidio volontario solo nel 1990, dopo un processo tormentato da depistaggi e reticenze. Alcuni di loro, come Antonio Belpiede, divennero medici di successo; altri, come Claudio Colosio, hanno ricoperto ruoli pubblici fino a tempi recenti. Nel 1987, cinque degli assassini inviarono una lettera di scuse ad Anita Ramelli, la madre di Sergio, consegnata tramite un prete. Ma per Anita, quella lettera, arrivata troppo tardi e senza un confronto diretto, fu solo un ulteriore dolore.
La memoria di Sergio Ramelli è stata per decenni un terreno di scontro. Per la destra, è un martire, vittima dell’odio comunista e dell’antifascismo militante. Per una certa sinistra, è un simbolo scomodo, spesso liquidato con un “però era fascista”, come se questo potesse giustificare un linciaggio. Negli ultimi anni, però, qualcosa è cambiato. Nel 2014, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, di centrosinistra, partecipò alla commemorazione di Ramelli, rompendo un tabù. Oggi, anche il sindaco Beppe Sala rende omaggio a Sergio nei giardini a lui intitolati in via Pinturicchio. Il 2025, anno del 50° anniversario, ha visto iniziative istituzionali di alto profilo: un francobollo dedicato a Ramelli, vie intitolate in diversi comuni lombardi, un convegno a Palazzo Lombardia con interventi di Giorgia Meloni, Attilio Fontana e Ignazio La Russa. La premier, in un videomessaggio, ha definito la vicenda di Sergio “un pezzo di storia d’Italia con cui tutti, a destra e a sinistra, devono fare i conti”.
Eppure, la pacificazione è lontana. Ogni anno, il corteo neofascista organizzato da gruppi come Forza Nuova, Lealtà-Azione e CasaPound, con saluti romani e simbologie controverse, riaccende le polemiche. Nel 2025, si attendono oltre 2.000 militanti per la fiaccolata in via Paladini, e l’Osservatorio democratico sulle nuove destre ha denunciato la presenza di simboli come la runa Tyr, associata al nazismo. Parallelamente, il murale che ricorda Sergio è stato più volte vandalizzato, l’ultima volta nel gennaio 2025 con la scritta “Fasci appesi”. Questi gesti, come i saluti romani, non fanno che perpetuare l’odio, trasformando il ricordo di un ragazzo in un’arma ideologica.
La storia di Sergio Ramelli non è solo un capitolo degli anni di piombo. È un monito su cosa succede quando il conflitto politico diventa intolleranza, quando le idee giustificano la violenza, quando un ragazzo di 18 anni diventa “il nemico” solo per ciò che pensa. Oggi, in un’Italia polarizzata, dove i social amplificano l’odio e le piazze tornano a scaldarsi, la vicenda di Sergio ci costringe a guardarci allo specchio. Siamo davvero così lontani da quegli anni? Quando leggiamo commenti che invocano la “giusta violenza” contro chi la pensa diversamente, quando vediamo monumenti imbrattati o cortei che celebrano il passato anziché interrogarlo, non stiamo forse ripetendo gli stessi errori?
Sergio amava l’Italia, scriveva Giorgia Meloni, “senza odio, senza arroganza”. Forse è questa la lezione più potente della sua storia: si può credere in qualcosa senza odiare chi crede in altro. Ma per imparare questa lezione serve coraggio, lo stesso che Sergio mostrò nel non piegarsi alle minacce. Serve smettere di usare la sua memoria come una clava, sia a destra che a sinistra. Serve, soprattutto, riconoscere che Sergio non era solo un militante: era un ragazzo, con sogni, paure, speranze, strappato alla vita da un’ideologia che non lasciava spazio al dialogo.
A 50 anni dalla sua morte, il modo migliore per onorare Sergio Ramelli non è un corteo con saluti romani né un murale imbrattato. È fare di lui un simbolo di riconciliazione. Le istituzioni stanno facendo la loro parte: il francobollo, le vie intitolate, il convegno con Enrico Ruggeri e Giuseppe Culicchia mostrano un’Italia che prova a ricordare senza dividere. Ma tocca anche a noi, cittadini, studenti, elettori, smettere di vedere in Sergio un “fascista” o un “martire”, e riconoscerlo per ciò che era: una vittima innocente di un’epoca che non deve tornare.
Condividete questa storia. Parlatene con i vostri amici, con i vostri figli. Leggete i libri su Sergio, da “Cuori neri” di Luca Telese a “Uccidere un fascista” di Giuseppe Culicchia. Andate a vedere il murale in via Paladini, non per rabbia o nostalgia, ma per riflettere. Perché la memoria di Sergio Ramelli non appartiene a una fazione: appartiene all’Italia. E solo facendola nostra, tutti insieme, potremo dire di aver imparato qualcosa da quel 29 aprile 1975.



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lunedì 28 aprile 2025

Un Blackout Senza Precedenti: La Spagna al Buio

Il 28 aprile 2025, un blackout di proporzioni storiche ha paralizzato gran parte della Spagna, del Portogallo e alcune aree di Francia, Andorra e Belgio, lasciando milioni di persone senza elettricità e internet. L’evento, iniziato intorno alle 12:15 di ieri, ha colto di sorpresa governi, cittadini e operatori economici, trasformando città come Madrid, Barcellona e Lisbona in scenari di caos controllato. Come esperto di affari internazionali, analizziamo cosa è successo, le implicazioni globali e le domande ancora senza risposta.

Secondo i dati della Red Eléctrica Española, la rete elettrica spagnola ha registrato un crollo improvviso della domanda, passando da 27.500 MW a circa 15.000 MW in pochi secondi. Questo non è stato un semplice guasto locale, ma un’interruzione su scala continentale, che ha colpito infrastrutture critiche come aeroporti, metropolitane, ospedali e persino il torneo di tennis Madrid Open, dove i giocatori sono rimasti al buio durante le interviste. A Lisbona, i trasporti pubblici si sono fermati, mentre a Madrid la metropolitana è stata evacuata attraverso tunnel bui. Traffico in tilt, voli ritardati e attività commerciali bloccate hanno completato il quadro di una crisi senza precedenti.
Le autorità spagnole e portoghesi hanno attivato immediatamente piani di emergenza. Red Eléctrica ha stimato un ripristino completo dell’energia tra le 6 e le 10 ore, un tempo che riflette la gravità del problema. Mentre scrivo, alcune aree del nord e sud della penisola iberica stanno lentamente tornando alla normalità, ma la situazione rimane fluida.
La causa del blackout rimane sconosciuta, ma le ipotesi si moltiplicano. La Spagna ha avviato un’indagine per verificare se si tratti di un cyberattacco, una possibilità non esclusa dal National Cybersecurity Institute (Incibe). Questa teoria è alimentata dal contesto geopolitico: l’Europa è sempre più vulnerabile ad attacchi informatici, spesso attribuiti a gruppi legati a potenze ostili. Tuttavia, nessuna prova concreta è emersa finora, e altre ipotesi includono un sovraccarico della rete europea o un malfunzionamento tecnico su larga scala. La compagnia portoghese E-Redes ha suggerito un “problema nel sistema elettrico europeo”, indicando che la crisi potrebbe avere radici transnazionali.
Come osservatore di affari internazionali, trovo significativo che il blackout abbia colpito più paesi contemporaneamente. Le reti elettriche europee sono interconnesse, e un guasto in un punto critico può propagarsi rapidamente. Questo evento mette in luce la fragilità di un sistema energetico sempre più dipendente da infrastrutture digitali, specialmente in un’epoca di transizione verso le rinnovabili e di tensioni geopolitiche crescenti.
L’impatto del blackout è stato devastante a livello locale. In Spagna, il parlamento è stato evacuato, le redazioni giornalistiche hanno smesso di funzionare e persino i supermercati hanno dovuto operare con torce e cellulari. A Bilbao, la raffineria di petrolio Petronor ha chiuso tutte le sue unità, segnalando ripercussioni sul settore energetico. In Portogallo, il presidente del Consiglio europeo António Costa si è messo in contatto con i premier di Spagna e Portogallo, evidenziando la portata diplomatica della crisi.
A livello internazionale, il blackout solleva domande sulla resilienza delle infrastrutture critiche in Europa. Gli investitori stanno già reagendo: alcuni, come riportato su piattaforme come X, vedono opportunità in titoli di aziende energetiche come ENEL o Hera, mentre altri temono instabilità nei mercati. Il turismo, un pilastro economico per Spagna e Portogallo, ha subito un duro colpo, con turisti britannici e di altre nazionalità bloccati in aeroporti o città senza servizi. Compagnie aeree come Jet2 hanno emesso comunicati per rassicurare i viaggiatori, ma il danno economico è già tangibile.
Questo blackout non è solo un evento isolato, ma un campanello d’allarme per l’Europa e il mondo. La dipendenza dalle infrastrutture digitali e l’interconnessione delle reti elettriche richiedono investimenti urgenti in sicurezza informatica e resilienza. La transizione energetica, pur necessaria, deve essere accompagnata da sistemi di backup robusti per evitare che un singolo punto di rottura paralizzi intere nazioni.
Inoltre, la crisi evidenzia l’importanza della cooperazione internazionale. Spagna, Portogallo e Francia hanno risposto rapidamente, ma la mancanza di chiarezza sulle cause suggerisce che i meccanismi di coordinamento europeo potrebbero essere migliorati. In un mondo in cui le infrastrutture sono sempre più bersaglio di attacchi ibridi, la preparazione deve essere una priorità.
Il blackout del 27-28 aprile 2025 sarà ricordato come uno dei più gravi nella storia europea recente. Mentre le luci iniziano a riaccendersi, le domande persistono: è stato un errore tecnico o un atto deliberato? Come possiamo prevenire un altro disastro simile?





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La casa editrice I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno a Mainz (Germania) per presentare l'ultimo lavoro di Giuseppe Spedicato / Der Verlag I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno in Mainz (Deutschland) präsentiert das neueste Werk von Giuseppe Spedicato)

Magonza, 26 aprile 2025 – Presentazione del libro “Il sogno avvelenato” di Giuseppe Spedicato (I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno)

L'Accademia Italiana Mainz è lieta di annunciare la presentazione del libro Il sogno avvelenato di Giuseppe Spedicato, un'opera potente che invita alla riflessione sulla memoria storica e sulle ingiustizie del passato e del presente. L'evento si terrà sabato 26 aprile 2025 alle ore 19:00 presso la sede dell'Accademia Italiana Mainz, Gaustr. 16, 55116 Magonza.

L'autore, Giuseppe Spedicato, sarà ospite speciale della serata e dialogherà con il pubblico in italiano, con traduzione in tedesco, per esplorare i temi del libro: la repressione, la sofferenza e la lotta contro l'abuso di potere. La prefazione di Rita El Khayat, testimone degli anni di piombo in Marocco, e l'introduzione di Maurizio Nocera arricchiscono il testo, offrendo prospettive profonde e toccanti su un'epoca segnata da coercizioni e violenze.

Il sogno Avvelenato non è solo un viaggio nella memoria storica, ma un monito a non dimenticare ea promuovere il dialogo per cercare frammenti di verità. Come sottolinea l'autore, ispirandosi ad Alexander Langer, il libro dà voce a chi sfida i “muri” delle convenzioni, offrendo punti di vista diversi per comprendere la complessità del reale.

L'evento, organizzato con il supporto di Tecnocasa Franchising Network - Agenzia di Mainz (Germania), è a pagamento con un costo d'ingresso di 20,00 €. Per partecipare, è necessaria la prenotazione scrivendo a

info@accademia-italiana-mz.de 

(mailto: info@accademia-italiana-mz.de )

Non mancate a questa serata di riflessione e dialogo, in cui la letteratura diventa uno strumento per illuminare il presente e costruire un futuro più giusto.

I libri nella sezione blog del sito della casa editrice

https://www.quadernidelbardoedizionilecce.it/



Magonza, 26 aprile 2025 – Buchvorstellung von „Der vergiftete Traum“( I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno) con Giuseppe Spedicato

Die Accademia Italiana Mainz freut sich, die Vorstellung des Buches Der vergiftete Traum von Giuseppe Spedicato (I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno) anzukündigen, ein eindrucksvolles Werk, das zur Reflexion über historische Erinnerung und gegenwärtige Ungerechtigkeiten anregt. Die Veranstaltung findet am Samstag, 26. April 2025, um 19:00 Uhr in den Räumlichkeiten der Accademia Italiana Mainz, Gaustr. 16, 55116 Magonza, statt.

Der Autor Giuseppe Spedicato wird als besonderer Gast anwesend sein und mit dem Publikum auf Italienisch, mit deutscher Übersetzung, über die Themen des Buches sprechen: Unterdrückung, Leid und der Kampf gegen Machtmissbrauch. Das Vorwort von Rita El Khayat, die die Bleizeit in Marokko miterlebt hat, und die Einführung von Maurizio Nocera bereichern den Text und bieten tiefgreifende und berührende Perspektiven auf eine Ära, die von Zwang und Gewalt geprägt war.

Der vergiftete Traum ist nicht nur eine Reise in die historische Erinnerung, sondern auch eine Mahnung, nicht zu vergessen und den Dialog zu fördern, um Fragmente der Wahrheit zu finden. Come l'autore unter Bezugnahme auf Alexander Langer betont, gibt das Buch jenen eine Stimme, die die "Mauern" gesellschaftlicher Konventionen überwinden und unterschiedliche Blickwinkel bieten, um die Komplexität der Realität zu verstehen.

Die Veranstaltung, organisiert mit der Unterstützung des Tecnocasa Franchising Network Agency a Mainz, ist kostenpflichtig mit einem Eintrittspreis von 20,00 €. Eine Anmeldung ist erforderlich und kann per E-Mail an

 info@accademia-italiana-mz.de 

(mailto: info@accademia-italiana-mz.de ) erfolgen






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